Le “Bonefemine di Fusio” nella costruzione e costruzione dell’entità comunale

 

I borghi delle Pertiche (o meglio la Perticha così chiamata fino al 1800 quella parte di territorio compreso tra Lavino e Presegno, provincia di Brescia), con propri Statuti del 1382, hanno avuto una storia di tutto rilievo, tanto che le singole vicinie (dal vicus o villaggio di epoca romana si sono andati via via sviluppando le vicinie, piccole comunità di economia agricolo-pastorale che raggruppano i loro abitanti attorno a interessi comuni) si sono unite ben presto in una forma consortile, l’Universitas Perticae Vallis Sabii, costituendo una unità civica ben configurata e consolidata nella Valle e contribuendovi con diversi sindaci generali, tra cui Zammaretti Pietro di Navono (1697).

In questo percorso di costituzione delle comunità civiche si inseriscono le “Bonefemine di Fusio” (Fusio, località adiacente a Navono posta sul torrente Tovere – da turrens, torrente – e, fin dagli inizi del secolo XIV, centro propulsivo di economia manifatturiera del ferro e della molinologia).

Chi erano queste “Bonefemine” o “Nobildonne”, ricchissime, che la leggenda/tradizione ha fatto pervenire, come remotissima eco, ai nostri giorni?

Alcuni documenti d’archivio riferiscono di un particolare testamento fatto il 12 luglio dell’anno 1002 “dalle M. M. Illustri q. q. Bone Femmine de Fusio” che avrebbero disposto del loro vastissimo patrimonio montano in favore di molte comunità della Valle (Vobarno, Nozza, Vestone, Anfo, ecc.), privilegiando nelle Pertiche:

  • Prato ed Avenone con i loro monti;
  • Luemo (Livemmo) con il monte Bas;
  • Navono, Udine (Odeno), Villa di Marmentino con i monti entro i loro confini (Monte Ario e adiacenti) con l’obbligo che detti borghi “dieno il latte di un giorno del mese di giugno ai curati/parroci delle loro villette o comunità”.

È constatabile che, dopo il Mille, quasi come fosse un “common law” inglese, molteplici documenti stilati dai locali notai fanno riferimento ai lasciti testamentari delle “Bonefemine”, come punto di riferimento normativo consuetudinario per dirimere questioni e liti, redigere compromessi, stilare accordi.

Sono di esempio (per citarne solo alcune/i):

  • la sentenza arbitrale del 16 settembre 1464, fra le due comunità di Navono e Udine della Pertica, stesa dal notaio Stefano Scolari di Livemmo, per i pascoli detti Campodonaschi (Campo de Nas) e Seramani sul monte Ario.
  • la sentenza arbitrale del 15 luglio 1507, nella casa comunale di Odolo, tra le due comunità di Navono e di Udine (Odeno) per i monti Campo di Nasso, Seramondo, Monticello e Verturale, che, a sua volta, richiama un atto del 2 aprile 1210, quando i due borghi formavano una sola comunità; in esso era già espresso l’obbligo di tenere e godere questi monti uniti, secondo le disposizioni testamentarie delle “Donne di Fusio”, donando al curato di S. Michele di Lavino (allora parrocchiale unica di Navono e di Odeno) il latte di una giornata di giugno all’inizio dell’alpeggio del bestiame su quelle montagne.
  • la sentenza/compromesso fra i due comuni di Navono e di Odeno, Iuditium supra montes de Udeno et Navono, siglato dal notaio Pasino Framboldi nel 1537.

Al di là di quanto sopra accennato, l’importanza delle “Bonefemine” non consta nel sapere chi effettivamente fossero (certamente ai margini tra realtà e leggenda), ma nella considerazione che, in seguito al loro lascito, si stava avviando un lungo e faticoso processo di primigenia costituzione delle comunità civiche, che con il possesso di beni propri destinati al loro funzionamento, assieme alle obbligatorie norme e alla indispensabile consistenza della popolazione, andavano a costituire quello che noi, oggi, chiamiamo “comune”, cioè insieme di interessi sovrapersonali da gestire per il bene di tutti e di ognuno.

Giuseppe Biati

Fonte
Giuseppe Biati

Articoli correlati

Lascia un commento

Pulsante per tornare all'inizio