La Chiesa oratoriale di San Bernardo in Belprato

 

Una piccola chiesa/oratorio di devozione nel bosco, sosta obbligata verso la “passata di Vestone” e il “mercato della Nozza”. Spiccava sulla sassosa mulattiera, solitaria nel bosco, come solido baluardo alle insidie spirituali e materiali portate ai viandanti che, dalla Pertica, si recavano, con i prodotti di un’avara campagna, al rinomato mercato valligiano “della Nozza”, o, addirittura, quando il bisogno incalzava pressante, di porta in porta per la vendita. Bianca, perché si vedesse, bianca perché era il colore naturale, quello della calce a portata di mano. Bianca, come tutte le chiesette di montagna. Spiccava, quando le lunghe file di muli facevano ondeggiare sacchi di nero carbone trasportati dagli spiazzi di combustione ai magazzini del fondovalle o quando, sulla via del ritorno, vi sostavano nell’antistante portico gli stessi, uomini e animali, per un momentaneo, fuggevole riposo.

Era stata costruita, con la elementare linea architettonica della montagna, alla fine del Settecento, denudata e squallida, perché lo sforzo dell’impianto era stato superiore alle forze di una esigua comunità che ricca non era, se non di quella fede orgogliosamente ostentata, quasi gesto dovuto, sfociato in nuove, continue costruzioni religiose. E il Settecento è costellato di sacri edifici.

Non profuse un grandissimo sforzo d’intuito Bartolomeo Gatta, architetto di Bovegno, nel progettarla, quanto nel condurla a compimento. Cinque anni ci vollero, dal 1775 al 1780 circa. Con le due cupole, una presbiterale in cotto e

l’altra, in materiale tufaceo, dimensionata sopra l’unica navata, l’oratorio si presenta al visitatore nella sua scarna struttura, evidente segno di essenzialità. Senza particolari fregi l’interno, se non la decorazione, a tempera, artigianale e colorata, di sante vergini dinanzi al glorioso trionfo del santo abate Bernardo.

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