La Val Pertica: una valle nella valle

 

Nella più ampia Valle Sabbia, la Val Pertica è una delle convalli che geograficamente le si riferiscono. I suoi torrenti, Tovere e Degnone, confluiscono, infatti, nel Chiese.
Il nome di Pertica non indica un agglomerato specifico, ma una serie di piccole località. Per alcuni il toponimo trae origine dallo strumento dell’agrimensore, mentre, secondo altri, fa riferimento ai terreni che venivano assegnati dai Romani ai coloni.
Questi comunelli, che, secondo il Catastico di Giovanni Da Lezze (1609-10), rispondevano ai piccoli borghi di Le Vrange, Hone, Presegno, Forno d’Hone, Avenone, Prato, Luemo, Udine, Hono et Hano (costituitisi in Universitas Comunis Pertichae Vallis Sabij con propri statuti datati 1382) mantennero sempre una vita amministrativa autonoma fino ai tempi di Napoleone.
Nel 1401 divennero feudo di Alberghino da Fusio, che aveva favorito la discesa in Italia di re Roberto.
Nel 1427 passarono sotto il dominio di Venezia, che concesse loro quasi subito una parziale autonomia e vari privilegi: poche tasse dirette, libero commercio delle ferrarezze, sale gratuito, dazi sopportabili
Dal 1928 a tutt’oggi alcuni di essi (Levrange, Forno d’Ono, Ono Degno, Avenone) costituiscono il comune di Pertica Bassa; altri (come Belprato, Livemmo, Odeno, Lavino, Navono e Noffo) formano quello di Pertica Alta.

Da alcuni reperti, il nucleo originario viene fatto risalire al Neolitico.
Per avere altre testimonianze bisogna arrivare all’anno Mille con i primi documenti relativi ad accordi sull’uso dei boschi e delle malghe.
Zona ad economia prettamente agro-silvo-pastorale, quindi, fino all’insediamento, nel 1315, sulle rive del torrente Fusio, di un certo Lanfranco Alberghini, guelfo di Brescia, che fece costruire un forno per il ferro, un mulino, una segheria. Iniziò, così, l’attività del ferro, destinata ad avere un notevole sviluppo nei secoli seguenti, assieme alle attività tipiche della montagna come il taglio del bosco, l’allevamento bovino e ovino, il commercio della lana; il legname da opera e da ardere era abbondante: particolarmente ricercati per la fusione del ferro erano il larice e l’abete rosso.
Livemmo, Forno d’Ono, Levrange fino alla prima metà dell’Ottocento possedettero degli attivi forni fusori, centri produttivi considerevoli, attorno ai quali ruotava tutta la vita economica dei minuscoli borghi perticaroli. La loro fisionomia rimase essenzialmente agricola fino al primo dopoguerra, durante il quale divenne notevole il flusso migratorio, sia verso i Paesi d’oltreoceano che verso quelli europei.
Oggi le attività e la manodopera sono di supporto alla Valle, ma non manca una piccola imprenditoria locale.
Notevole è il patrimonio artistico, sia religioso che civico, che, unito a quello paesaggistico, conferisce alla Pertica un valore aggiunto nell’ambito dell’intera provincia bresciana.

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